Vicovaro, un paese ricco di storia, architettura e archeologia: il suo territorio è stato frequentato dall'uomo sin dalla preistoria, come testimoniano i ritrovamenti al di sotto dei suggestivi Eremi di San Benedetto a San Cosimato.
Abitato dagli Equi, poi dai Romani, a Vicovaro potrete riscoprire i resti di quattro grandi Acquedotti: AnioVetus, Aqua Marcia, Aqua Claudia e AnioNovus.
Con le sue Mura Poligonali (III-II sec a.C.) e la Rocca Orsini, diviene nel XII secolo un "castrum valde forte", una fortezza inespugnabile.
Nel nostro paese si possono ammirare la Cappella di San Giacomo Maggiore, uno dei più affascinanti esempi architettonici del periodo Gotico, l'eleganteex Chiesa di Santa Maria delle Grazie, oggi sede del Muvis "Museo di vie e Storie", la rinascimentale Chiesa di Sant'Antonio Abate, con il suo portico di colonne con capitelli di marmo bianco in stile dorico romano e la Chiesa di San Pietro Apostolo che, con la sua maestosità, domina l'incantevole Piazza.
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Grazie ad un recente restauro, gli Eremi di San Benedetto sono stati aperti al pubblico, dopo l'inaugurazione del 3 ottobre 2015.
Al termine della scalinata, sulla sinistra, si scorge una piccola grotta, destinata ad ossario e successivamente murata, ed una grotta più grande, trasformata in cappella rupestre e dedicata a San Michele Arcangelo.
L'entrata è caratterizzata dalla presenza di un portale a pietra modanata del XV secolo, proveniente dalla soprastante chiesa e qui di seguito riadattato.
Entrando è possibile osservare un vano scavato nella roccia con nicchia absidale e, nelle pareti laterali due grandi affreschi: a destra la rappresentazione del tentato avvelenamento di San Benedetto; a sinistra S. Francesco che tenta di convertire il Sultano; mentre al centro, nella nicchia absidale una Regina Angelorum in trono tra gli Arcangeli Raffaele e Gabriele.
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Il Tempietto di San Giacomo Maggiore è uno dei più significativi esempi architettonici del Gotico Rinascimentale del Lazio, fatto erigere per volere di Giovanni Antonio Orsini nel 1448.
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Nel 1191 Papa Celestino III concede il feudo di Varia, l'odierna Vicovaro, ai nipoti, i Conti Orsini di Tagliacozzo, che lo renderanno una roccaforte inespugnabile.Nel 1692 diviene proprietà della famiglia Bolognetti ed assume le forme dell'attuale palazzo dinastico.
Dell'originaria rocca restano una porzione dell'ala nord con due torrioni cilindrici, la cordonata di accesso ed un portale gotico. La nuova Chiesa di S. Pietro Apostolo, opera dell'architetto Gerolamo Theodoli, iniziata nel 1745 e terminata nel 1755, è connessa al palazzo mediante una preziosa galleria affrescata, opera del pittore Salvatore Monosilio. La Chiesa presenta impianto a croce con asse longitudinale e braccio trasversale, doppio ingresso e cappelle laterali.
I prospetti, con stili inquadrabili tra il Cinquecento ed il Settecento, hanno doppio ordine di lesene, dorico e ionico per quello in prossimità dell'ingresso del palazzo; dorico e corinzio, con doppie torri campanarie, per quello su piazza S. Pietro.
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Nel 1191 Papa Celestino III concede il feudo di Vicovaro ai nipoti Orsini, conti di Tagliacozzo.
Grazie al loro dominio durato dal 1273 al 1464, l'antico insediamento di Vicus Variae divenne una roccaforte ghibellina.
Intorno al 1600 gli Orsini, a causa dei numerosi debiti, furono costretti a vendere i loro feudi, ed anche Vicovaro fu messo all'asta. Venne acquistato nel 1692 da una nobile famiglia bolognese, da cui derivòil loro nome, Bolognetti.
Dal 1693 al 1721 la famiglia Bolognetti trasforma il castello medioevale in residenza e centro di amministrazione agricola, secondo il progetto dell'architetto Sebastiano Cipriani.
La nuova sistemazione prevedeva un ampliamento ed un riordino dei locali, connettendo il Palazzo con la nuova Chiesa di San Pietro Apostolo mediante una preziosa galleria affrescata con vedute e paesaggi, ad opera del pittore Salvatore Monosilio.
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Il monumento è stato eretto nel 1964 a perenne memoria delle vittime della strage avvenuta il 7 Giugno 1944 in località Pratarelle per mano dei nazisti.
Tali atroci fatti furono preceduti dall'arresto, il 7 novembre 1943 a Vicovaro di 10 presunti anti-fascisti, tra cui Riccardo Di Giuseppe; dopo essere stati torturati presso il Palazzo Cenci-Bolognetti vennero trasferiti a Regina Coeli, dove furono trattenuti per molto tempo in attesa di giudizio.
Riccardo Di Giuseppe, considerato un sovversivo per essersi rifiutato di fare atto di sottomissione al regime fascista, fu ripetutamente torturato presso via Tasso ed infine processato dalla corte militare tedesca che lo condannò a morte per fucilazione: morì a Forte Brevetta il 22 Novembre 1943.
Il monumento riporta i nomi dei martiri delle Pratarelle, di Villa Spada e di Riccardo di Giuseppe.
L'A.N.P.I sezione 'Riccardo Di Giuseppe e Franco Perozzi', insieme al Comune di Vicovaro, l'Associazione Martiri delle Pratarelle e l'Associazione per la Memoria e la Storia della Resistenza nella Valle dell'Aniene ogni anno ricordano le 30 vittime del massacro nazi-fascista attraverso la deposizione di fiori presso il monumento ai Martiri delle Pratarelle, ai Martiri di Villa Spada e a Riccardo di Giuseppe, una messa solenne in loro ricordo, e varie manifestazioni.
In questo modo si contribuisce a non far dimenticare un pezzo tragico della storia del nostro paese, mantenendo viva nella mente della popolazione la grave perdita subita durante gli anni della Seconda Guerra Mondiale.
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A sud del centro abitato di Vicovaro, tra la Via Tiburtina Valeria ed il fiume Aniene, sorge la chiesa di S. Antonio Abate.
Fu fondata sulle antiche sostruzioni della via Tiburtina Valeria in opera quadrata per volere della Confraternita della SS. Croce di Vicovaro nel XV sec. Ampliata dall'architetto Pietro Torelli tra il 1743 e il 1755, la chiesa presenta una pianta caratterizzata da un altare centrale e tre cappelle laterali congiunte da un unico corridoio, che termina con l'ingresso alla Sagrestia. Sull'altare maggiore si conserva un crocifisso ligneo del XVI sec.
Degna di nota è anche la statua in terracotta policroma di S. Antonio Abate del XVI sec. All' esterno il portico rinascimentale è arricchito da quattro colonne in breccia corallina, con capitelli di ordine dorico di epoca flavia.
Di fronte la chiesa vi era l'Ospedale (XVI sec.) adibito ora a casa privata, nel quale venivano accolti i poveri e curati gli ammalati di herpes zoster (fuoco di S. Antonio).
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Edificata probabilmente in epoca medievale sui resti di un edificio romano, la chiesa di S. Salvatore è costituita da un'aula unica rettangolare.
Coperta con tetto a capriate lignee e affiancata a destra e a sinistra rispettivamente da una e due cappelle laterali; tra queste ultime, spicca la caratteristicacappella in stile gotico di pertinenza degli Orsini dedicata alla Madonna di Loreto, alla quale si accede tramite un elaborato arco polilobato in peperino, risalente alla prima metà del XV secolo e riconducibile allo stile sulmonese.
La nicchia d'altare, in stile classico e ricca di stucchi, si articola in colonne lisce con capitello ionico e volta a cassettoni decorata da motivi floreali.
Altre particolarità dell'edificio risiedono nella commistione di stili, dal gotico al classico inquadrabile nel XVIII secolo, e nella presenza del caratteristico campanile a vela.
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Edificata sui resti di antiche mura romane, la chiesa dedicata ai SS. Cosma e Damiano subì nel corso dei secoli molteplici interventi che ne modificarono l'aspetto e la destinazione d'uso.
L'ultima riedificazione risale ai primi del '700 e coinvolse anche l'annesso convento. Collocata all'interno del complesso conventuale di San Cosimato, attualmente la chiesa presenta una facciata rinascimentale, caratterizzata da un portico con volta a crociera a tre campate, al cui interno sono presenti degli affreschi raffiguranti la battaglia contro i Saraceni (A. Rosati, 1670).
All'interno della chiesa, la navata centrale termina con un altare maggiore, e ai lati rispettivamente 5 cappelle a sinistra e una a destra; ognuna delle quali unica per stile, architettura e iconografia. Entrando, la prima cappella, dedicata alla Madonna del Carmine, fu costruita e ulteriormente modificata alla fine del Settecento.
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